Salgono, da quest’anno, i limiti di investimento delle persone fisiche nei Pir “ordinari” mentre per quelli “alternativi” arriva una deroga al principio di “unicità”
Al fine di indirizzare gli investimenti delle famiglie verso imprese industriali e commerciali, italiane ed europee, radicate sul territorio italiano, nonché al fine garantire agli investitori la possibilità di diversificare tali investimenti, la legge di bilancio 2022 ha modificato la disciplina fiscale dei Pir.
Con la circolare n. 10 del 4 maggio 2022, l’Agenzia delle entrate commenta il regime agevolativo alla luce delle nuove disposizioni.
Si ricorda che, il “Pir” è un “contenitore” fiscale a cui destinare il risparmio, entro determinati limiti di entità massima (plafond), idoneo ad accogliere talune “attività finanziarie”, per un determinato periodo di tempo minimo (holding period), seguendo criteri stabiliti per legge (“vincoli di composizione degli investimenti”, “limiti di concentrazione” e di “liquidità”).
Il regime fiscale dei Piani di risparmio prevede la non imponibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dei proventi di natura finanziaria (redditi di capitale e redditi diversi), derivanti da investimenti operati tramite i Pir che rispettino le caratteristiche espressamente previste dalla normativa, nonché la non imponibilità, ai fini dell’imposta di successione, per il trasferimento mortis causa degli strumenti finanziari detenuti nel piano.
Sono previste due tipologie di Pir – ordinari e alternativi – sottoposte a diversi vincoli di composizione degli investimenti (soglie minime di investimento in determinate imprese).
In particolare, i “Pir alternativi” incentivano l’investimento non solo in “capitale di rischio” ma anche in “capitale di debito”.
Tra le novità previste dalla legge di bilancio 2022 vi è l’innalzamento della soglia dei limiti di investimento nei Pir ordinari. Prima della modifica l’importo investito non poteva superare complessivamente il valore di 150mila euro (plafond complessivo), con un limite, per ciascun anno solare, di 30mila euro (plafond annuo).
Dal 1° gennaio 2022, le somme e i valori che le persone fisiche fiscalmente residenti in Italia possono destinare a questo tipo di Piano non possono superare il plafond complessivo di 200 mila euro, con un limite annuo di 40mila euro.
Nella circolare è stato chiarito che le nuove soglie di investimento si applicano dal 1° gennaio 2022 a prescindere dalla data di costituzione del piano.
Con riferimento ai Pir alternativi, le modifiche normative hanno interessato la deroga al principio di “unicità”, secondo il quale era possibile detenere un solo Pir ordinario e un solo Pir alternativo.
Pertanto, dal 1° gennaio 2022 una persona fisica può detenere più di un Pir alternativo. Tale circostanza, tuttavia, non incide sull’ammontare di risorse utilizzabili, intendendosi i limiti quantitativi di investimento (annuale e complessivo) riferiti alla pluralità dei piani alternativi detenuti.
In tal caso il titolare non potrà, dunque, impiegare somme e valori in misura eccedente la soglia annuale di 300mila euro e quella complessivo di 1.500.000 euro.
Nella circolare in commento è stato, inoltre, chiarito che un Pir alternativo non può essere cointestato a più persone.
La legge di bilancio 2022 ha, infine, previsto un credito d’imposta pari alle eventuali minusvalenze derivanti dagli investimenti in strumenti finanziari qualificati effettuati nel 2022, a condizione che gli stessi siano detenuti per almeno cinque anni e il credito d’imposta non ecceda il 10% delle somme investite negli strumenti finanziari qualificati.
La circolare precisa che, ai fini della determinazione del tetto massimo del credito d’imposta spettante, occorre tener conto degli importi e dei valori diretti agli strumenti finanziari qualificati risultanti alla data di realizzo della minusvalenza.
Detto credito deve essere utilizzato in quindici anni, in quote di pari importo.
Come chiarito nella precedente circolare n. 19/2021, il requisito temporale della detenzione minima per 5 anni deve essere rispettato in relazione allo strumento finanziario relativamente al quale si realizza la minusvalenza.
Pertanto, non concorrono alla determinazione del credito d’imposta eventuali minusvalenze derivanti dalla cessione di strumenti finanziari qualificati detenuti a seguito di reinvestimenti di somme derivanti da strumenti rimborsati o ceduti, entro il quinquennio.
In altri termini, assumono rilevanza, ai fini della determinazione del credito d’imposta del 10%, solo le minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso o dal rimborso di strumenti finanziari qualificati oggetto di investimento nel corso del 2022 che sono detenuti ininterrottamente nel piano per almeno cinque anni. (Notizia pubblicata su FiscoOggi.it)